La Federazione Russa la notte del 23 febbraio ha invaso l’Ucraina e le minacce di guerra sono diventate una realtà che rischia di accendere un più ampio conflitto bellico in Europa. Le origini di un conflitto sono riconducibili alle mire espansionistiche dei paesi NATO verso l’Europa dell’est, con le pressioni e i posizionamenti militari in quei territori e alle pretese egemoniche della Russia. In questa contrapposizione sorda alle ragioni del dialogo l’Italia si è posta in prima fila e ha già stanziato per l’operazione 78 milioni di euro. Così, invece di favorire una politica di distensione il governo Draghi si allinea alla politica aggressiva della NATO e condivide le aspirazioni di potenza della UE. Si contano già gli effetti disastrosi che il precipitare delle operazioni militari stanno causando sulle parti in causa: centinaia di morti, migliaia di sfollati, enormi distruzioni materiali. Ma l’aggressione militare messa in atto dall’autocrate Putin e il permanere di una situazione di conflitto bellico sono destinate a produrre ulteriori gravi conseguenze internazionali come l’innalzamento dei prezzi delle materie prime e dell’energia che produrranno ovunque nuove pesanti ripercussioni economiche e il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro di milioni di persone già colpite dalla crisi e dalle privatizzazioni. Già vediamo che, nel nostro Paese, gli aumenti dei costi dell’energia si stanno ripercuotendo infatti su tutti i beni prodotti, anche sui generi di prima necessità, accrescendo ancor di più la precarietà dei ceti popolari. Facciamo appello a tutte le realtà sociali per fermare la guerra, per orientare verso il dialogo l’azione del nostro governo affinché si dica basta alle spese militari e si pretendano investimenti nelle urgenti necessità dei settori fondamentali per il benessere della popolazione, a cominciare dalla casa, dalla sanità, dalla scuola e dai trasporti pubblici. Ancora una volta rivendichiamo le ragioni del dialogo contro le politiche dei blocchi contrapposti e i loro tentativi di allargare le rispettive aree di influenza per riaffermare le ragioni del contrasto alla corsa al riarmo. Con forza ribadiamo la nostra opposizione alla guerra e alle mire espansionistiche di opposti imperialismi. Sosteniamo le mobilitazioni per il ritiro immediato delle nostre missioni militari all’estero a cominciare da quelle posizionate nell’area del conflitto bellico ucraino, lotteremo ancora per l’uscita dell’Italia dalla NATO e la riconversione per fini sociali delle servitù militari presenti sui nostri territori. Di fronte ad iniziative militari che vedano coinvolto il nostro paese il sindacalismo di base e conflittuale annuncia fin da ora il suo impegno ad indire se necessario uno sciopero generale per fermare la guerra, utile solo a quanti traggono profitto in contrapposizione agli interessi delle lavoratrici, dei lavoratori e dei ceti popolari.
COBAS SARDEGNA – CUB – SGB – UNICOBAS – USI/CIT